Animali in condominio cosa c’è da sapere
A disciplinare la presenza degli animali negli immobili condominiali, ci ha pensato la legge n. 220 dell’11 dicembre 2012, che ha apportato rilevanti “Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici”.
L’art 6 lettera b) di questa legge aggiunge infatti all’art. 1138 del codice civile il seguente comma: “Le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici”.
Sdoganata quindi la presenza degli animali in condominio, anche se con dei limiti. Perché se da una parte la legge permette di detenere animali anche all’interno degli appartamenti condominiali, non vuol dire che chi decide di non averne deve subire le conseguenze di una scelta altrui se si superano certi limiti.
Il fatto che ci sia una legge a impedire a un regolamento condominiale la possibilità di vietare la detenzione o il possesso di animali domestici nella proprietà esclusive dei condomini, rende nullo qualsiasi regolamento contrario alla disposizione dell’art 1138 c.c. Non solo, il singolo condomino a cui venisse vietato di tenere in casa un animale in virtù di una delibera assembleare può ricorrere al Giudice di pace entro 30 giorni dalla data in cui è stata emessa o da quella in cui il soggetto ha ricevuto il verbale. Il ricorso a cui deve essere allegata la delibera assembleare che si desidera contestare ed eventuali sentenze a favore, deve documentare il buono stato di salute dell’animale, tramite l’allegazione di certificati medici veterinari.
Ora, se il regolamento non può vietare al proprietario di un appartamento condominiale di tenere un animale da compagnia, questo non significa che si può fare ciò che si vuole anche negli spazi comuni. L’art 1102 c.c prevede infatti che “Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto”. Nessun divieto quindi per chi vuole dare da mangiare ai randagi mettendo le ciotole in un angolo del portico o del cortile condominiale, a patto che tenga questo spazio sempre pulito e che gli animali non rappresentino un pericolo per gli altri condomini. Occorre infatti considerare in questo caso che, l’assemblea condominiale può vietare di dare da mangiare ai randagi per motivi di salubrità, sicurezza e igiene. Per questo è opportuno, nel rispetto degli altri condomini, far indossare la museruola al proprio cane o mettere il gatto nel trasportino, nel momento in cui, uscendo dall’appartamento, ci si muove con gli animali in uno spazio comune del condominio.
Sempre il relazione agli animali randagi, se è vero che la legge non vieta di poter dare loro da mangiare negli spazi condominiali, purché si adottino le suddette accortezze di ordine e pulizia, può farlo il regolamento di sicurezza pubblica o un’ordinanza del Sindaco. In questo caso infatti, a condizione che vi siano interessi pubblici prevalenti da tutelare, come la sicurezza delle persone e la salute pubblica, il Comune può vietare di dare da mangiare agli animali randagi.
Sulle modalità con cui sarebbe opportuno detenere animali all’interno di un appartamento condominiale si è pronunciata l’ordinanza penale della Cassazione n. 22785/2013. Condannato per il reato di cui all’art. 659 c.p. “disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone”, l’imputato ricorre alla corte di legittimità. L’impugnazione però viene dichiarata inammissibile dagli Ermellini che, riconoscendo la coerenza logica argomentativa del giudice di merito e l’attendibilità delle testimonianze dell’amministratore e dei singoli proprietari ha condiviso il fatto che l’imputato abbia volontariamente e con coscienza omesso “ospitando all’interno del suo appartamento ben quattro cani, l’adozione delle dovute cautele al fine di non recare disturbo alla quiete pubblica e al riposto delle persone, nella specie gli altri condomini, con i rumori provocati dagli animali ospitati nella sua abitazione, anche in orari notturni.” Insomma, si rischia la condanna penale se non si adottano le dovute cautele atte a impedire che gli animali nell’appartamento rechino disturbo a tutti gli altri condomini.
Per l’inquilino il discorso degli animali in condominio cambia. Il proprietario dell’appartamento concesso in locazione infatti può vietare al suo inquilino di detenere animali in casa. Il divieto in questo caso però deve essere indicato specificamente nel contratto di locazione che è regolare e valido se registrato. Nessun divieto infatti per l’inquilino con cui viene stipulato un contratto di locazione “in nero”.
Chiarito che occorre una certa tolleranza nei confronti di chi ha un animale all’interno del proprio appartamento, ci sono però dei limiti che non devono essere travalicati neppure dal proprietario, nel rispetto degli altri condomini. Il codice civile infatti, all’art. 844, dedicato alle immissioni, prevede che i condomini abbiano il diritto opporsi a tutte quelle propagazioni, compreso quindi il rumore e l’odore provocato dall’animale, solo se superano la normale tollerabilità. Non ci si può lamentare quindi se ad esempio il cane detenuto all’interno dell’appartamento condominiale abbaia solo quando il padrone rientra dal lavoro o quando qualcuno passa davanti al portone di casa. In questo caso, infatti, il rumore provocato dall’animale è da considerare come rientrante nei limiti della “normale tollerabilità”. Solo se la frequenza e il volume del rumore provocato dall’animale superano questa soglia, così come l’odore derivante dalle pessime condizioni di cura dello stesso risulta insopportabile, previo accertamento di un tecnico della ATS locale, è possibile procedere civilmente per chiedere l’inibitoria della condotta e l’eventuale risarcimento del danno.